
“…ho come un serpe
nei visceri, che si torce: e mille lacrime
spuntano in ogni punto del mio corpo,
dagli occhi ai polpastrelli delle dita,
dalla radice dei capelli al petto:
un pianto smisurato, perché sgorga
prima d’essere capito, precedente
quasi al dolore.”
(Pier Paolo Pasolini – La religione del mio tempo, la ricchezza)
Ho iniziato a leggere le poesie di Pier Paolo Pasolini con difficoltà, non è stato, e non è, un’avventura semplice ma è come una calamita. Torno sempre, anche solo per rileggere poche righe, al grande librone arancio che ha comprato Giorgio qualche mese fa. Man mano che mi addentro sento le sue parole più vicine, più amiche.

Li scrivo per capire, per obbligarmi a rallentare e assorbire ogni parola, per averne una traccia.
Ora uno di questi foglietti l’ho disegnato e quando disegno capisco, perché il disegno è lentezza e mi permette, ancor più della scrittura, di abitare quei versi ancora un po’.
Non so quanti dei miei foglietti diventeranno disegni ma questo mi ha colpito in particolar modo.
Il pianto che quasi precede il dolore, il corpo che soffre e piange ancor prima che il cervello capisca, registri, spieghi. Un pianto di tutto il corpo.
